lunedì 25 aprile 2016

25 aprile 2016

E a chi voleva la libertà
cosa gli diciamo?
Ai compagni morti per niente
cosa raccontiamo?
Che un pelato appeso a testa in giù
poteva bastarvi?
Caro Valerio,
non dovevate fermarvi.

sabato 23 aprile 2016

E s'apre di spine e cardi la mia pelle

Quando arrivò il tre, me ne andai verso le vigne. Era vero che in quella zona c'erano rapaci. Era vero che c'erano anche alcuni avvoltoi. Vidi subito delle aquile, furono le uniche a Bourdic. Iniziai a interpretare molte attività in maniera simbolica. Tagliammo principalmente rami. Cesoie senza molla per fare più fatica. Alla fine furono circa 1700 le piante amputate, mentre più sicuro era il numero di ragni che vivevano sui soffitti del salone e del bagno: 68. Così tanti e io così indifferente, come se non li avessi mai temuti, come se non fossero mai stati un incubo, il terrore, un salto dall'auto in corsa o il rigurgito di una notte di fine estate. Trovavo più noioso il topo che la mattina presto decideva di rosicchiare cibi in sacchetti rumorosi, che portavano via un po' di tempo al sonno. 
Un giorno dietro di me ci fu un regista famoso e davanti un attore al suo primo lungometraggio. 
Il tiro con l'arco giapponese aveva troppi rituali e la sua lentezza si contrapponeva in modo netto sia alla fuga finale della freccia che alla corsa notturna del cinghiale.
Quando arrivai ad Avignone, continuai a tagliare. Tagliai parti che qualcuno trovava distintive con una facilità che mi fece sorridere. Ero diventato più anonimo all'esterno che all'interno. Il posto che toccava a me era stato occupato da una ragazza argentina nel sangue e nella risata, passammo la serata insieme, bevendo birra comprata da uno sconosciuto a casa di un altro sconosciuto. Quando tornammo ai nostri letti era quasi mattino e prima di addormentarmi le scrissi il mio nome tra le gambe. Pochi giorni dopo, un corvo impagliato mi fissava di nuovo dalla vetrina di un museo.
Passai due settimane a gettare fondamenta per nuove costruzioni, a legare materiali perché potessero stare insieme più tempo e più saldamente. E tagliai di nuovo rami. Di quel periodo ricordo lo yogurt denso e compatto, François il ragno solitario, le monete turche e rumene, un bosco incantato, la musica nella grotta, un fiume adatto alla sparizione, un cane che aspettava l'acqua la mattina e un bambino che forse avrà già sognato tante volte di fare l'astronauta. 
L'anno prima pasqua aveva portato la neve e un lungo viaggio. Stavolta, pioggia e pochi passi. Ero di nuovo ad Avignone, non trovai alcuna ragazza argentina, sulla strada principale una voce microfonata ripeteva nomi tempi e complimenti per la vittoria di categoria. Mi chiesi se per caso quel giorno qualcuno avesse perso, poi non ci pensai più e andai tra i negozi che sapevano di lavanda, passando sotto gli sguardi di almeno due decine di madonne affrante. 
Andai verso i boschi col timore di sbagliare fermata, invece scesi a quella giusta, a poca distanza da aprile.