lunedì 24 maggio 2010

Siam più qui che a Vaux

Sono tornato a Stryn. Ho la stessa camera dell'anno scorso e di due anni fa, ora in più ho una poltrona e un tavolino, manca un armadio che farebbe comodo, è tornato il lenzuolo di Garfield a sostituire quello coi cavalli, si continua a vedere solo un angolo di mare ed il sole non entra mai con quell'arroganza che insomma chi ti ha chiesto di entrare in quel modo? 
Le montagne non sono cadute, le nuvole stan sempre in cielo, ha già piovuto due volte in due giorni (o anche tre ma non lo so se è successo mentre dormivo tra Arlene e Odie) e il fiordo rimane sempre lì come a dire guarda che sono tranquillo, si sforza anche di mostrarsi sempre quieto ma per me sotto sotto gli succedono delle cose inimmaginabili e solo al pensiero che può essere così lo stimo e lo ammiro.

martedì 18 maggio 2010

La caduta dei bottoni

Sono andato all'IKEA nuova. L'IKEA è un posto che ha il suo fascino, ci sono tante cose carucce da vedere poi io ho la passione dei frigoriferi quindi tutte le cucine sono fonte di potenziale soddisfazione. Però la cosa che mi piace di più è il magazzino self service, con quell'odore di legno di mobile nuovo. Se fosse per me, quando si va all'IKEA passerei la maggior parte del tempo tra gli scaffali Billy smontati. Invece ci sono passato giusto perché quel corridoio sta lì prima delle casse. Capisco che ci sia molta gente che non provi alcun entusiasmo per gli scaffali Billy smontati, quindi non insisto neanche. 
L'altro reparto che ha un suo perché è quello dove ci sono le candele, anche se quelle all'anguria non le si trova più e per me erano le migliori. 
Comunque nel titolo si diceva dei bottoni e se mi fermo a parlare dell'IKEA, delle candele e degli scaffali Billy smontati non si capisce il nesso, che effettivamente non c'è perché mentre scrivevo il titolo pensavo ad altro (poi mi son distratto), tipo che a mia nonna non andava molto l'idea di insegnarmi a cucire, anzi non voleva proprio perché era una cosa da femmine e quindi io potevo anche non saperlo fare. Tanto nella vita trovi sempre una femmina che ti attacca i bottoni secondo lei. E che ti lava i piatti, quindi lei era anche contraria al fatto che io lavassi i piatti. Ora, quello non è che è diventato il mio hobby favorito ma quando stavo in montagna le giornate erano luuuunghe e lavare i piatti poteva costituire un discreto diversivo, soprattutto chi lavava i piatti non doveva asciugarli e a me l'asciugatura non è mai piaciuta molto. Ma si era qui per dire dei bottoni, non dei piatti... insomma mia nonna non voleva insegnarmi a cucire e alla fine non me l'ha mica insegnato, ho dovuto fare da solo.

venerdì 7 maggio 2010

Words are very unnecessary

Di tanto in tanto mi capita pure di leggere romanzi. I libri non li compro, preferisco prenderli in biblioteca e non tanto per una questione economica. Un po' anche perché non mi fido delle recensioni, ma neanche questo è il motivo principale. Andare in biblioteca di per sé è già una cosa caruccia. Lo scaffale che conosco meglio è quello delle letterature germaniche e nordiche (chi l'avrebbe mai detto eh!). Mi piace scegliere i libri, è una sorta di rituale breve ma intenso, in genere ne prendo tre per volta (nell'ultima occasione sono arrivato a quattro... mentre la bibliotecaria stava già segnando i prestiti, ho visto la guida alla Norvegia nuova nuova -del 2010- della The rough guide. Facciamo finta di informarci che tra un po' si torna là a lavorare). 
Affinchè un libro venga da me selezionato, deve avere alcune caratteristiche (non per forza queste si devono presentare congiuntamente): 
1-fondamentalmente non deve aver più di 200 pagine perché mi scoccia pensare che ci posso mettere più di un giorno a leggerlo (e non è che mi posso leggere 400 pagine di fila... se riuscissi a concentrarmi così tanto starei ancora studiando all'università!)
2-non deve essere stato estremamente consultato: mettiamo che un libro è stato preso dalla biblioteca nel 2000, se l'han preso in prestito solo tre persone allora la cosa si fa interessante. Anzi, quando trovo un libro che magari non è preso in prestito da cinque o sei anni, mi dico che allora è proprio il caso di leggerlo
3-una pagina deve avere qualcosa di particolare, tipo un moscerino spiaccicato, una sottolineatura a matita, uno strappeto. Così poi quando passerò di lì leggendo, ho un buon motivo per fare una pausa e pensare a come mai quella pagina è così. Ad esempio un paio di settimane fa ho letto "Il venditore di fontane" e su ben due pagine non contigue c'erano chiari segni di pneumatico da bici
4-il titolo deve dire qualcosa... ma questo è un trucchetto che molti scrittori usano apposta. Ci sono dei libri che in realtà hanno solo un bel titolo. Al più magari un bell'incipit, come "Memorie del sottosuolo", o una bella pagina iniziale, tipo "Jerusalem". Ecco, adesso mi tocca divagare un attimino... questo libro che poi è diventato un capolavoro della letteratura scandinava, inizia così: c'è uno che si chiede una cosa tipo quanto sarebbe bello se si riuscisse a essere felici all'ombra di un albero in una giornata di sole con una leggera brezza. Insomma, già che pronti via tiri fuori questa perla, c'era poi davvero tutto 'sto bisogno di scrivere altre 450 pagine? E soprattutto, già che si era nel campo col sole l'albero la brezza e insomma che vuoi di più dalla vita, era proprio necessario andare a Gerusalemme?
5-anche la copertina deve avere un suo perché. Gente disegnata male con una camicia gialla a fiori di pessimo gusto mi piace, ad esempio. Forse perché quel pessimo gusto mi ricorda il mio
6-un periodo in cui è stato scritto che quel giorno che sono in biblioteca mi piace. Una volta può essere che devono essere libri recenti, un'altra devono essere più vecchi. Ultimamente più recenti però
7-e l'autore dove lo mettiamo? Andrà considerato anche lui! Gente che non ho mai sentito nominare va benissimo. Anche se poi scopri che non è 'sto granché. Ma è per quello che i libri li prendo in biblioteca. Così se è una storia che non funziona, io sto a casa mia e il libro torna a casa sua, normalmente senza rancore.

Magari poi è solo una mia impressione, ma ultimamente i libri che sto leggendo finiscono in modo triste o intrinsecamente infelice. A parte quello di Simon Tofield, dove non muore nessuno e alla fine sono contenti sia lui che il gatto. Saran mica le parole a rendere la vita difficile?