giovedì 18 giugno 2020

Ricordi sbocciavano i rincospermi

Ho sempre pensato che, se proprio dovessi rinunciare a un senso, rinuncerei all'olfatto. Non ho cambiato idea ultimamente, lo penso ancora. In queste settimane però devo dire che alcuni odori che si sentono nell'aria costituiscono una delle poche cose capaci di portarmi lontano. Già che lontano, fisicamente, pare impossibile andare. Almeno per il momento. L'aria, quando si può respirare liberamente, porta con sé il profumo dei falsi gelsomini, che spesso si mischia con quello di altri fiori, che odorano di un caldo intenso e di ricordi confusi e lontani: sanno di succhi di frutta e di nonni, di trampolini elastici e di asfalto che scotta, di ghiaccioli al limone e di luci lontane, di ventole che ruotano tardi con l'unico soffio di vento della sera e di luna piena, di terra appena irrigata e telefonate perse. Preferisco il profumo silenzioso della betulla e del fungo, l'odore del freddo che frusta la pelle, ma quest'anno va così. L'ultima estate passata da queste parti fu quella del 2005. Allora fu per un virus che colpì solo me. Pare che quando si sta bene, non ci siano motivi validi per restare qui tra giugno e settembre.