domenica 26 marzo 2006

Un pesce tra i monti

Quando ripenso alle mie vacanze estive fino alla soglia del nuovo millennio, la prima cosa che mi viene in mente è il paese che stava di fronte al balcone della casa in cui si stava. In realtà non è proprio il paese che mi viene in mente, non giurerei neppure di sapere con sicurezza che paese fosse. Quel che mi torna alla mente è la forma di quel paese. Non quella di giorno, confusa tra le strade extraurbane e i boschi intorno. Quella serale. Quando si accendevano le luci, il paese si trasformava in un pesce. E ogni sera, lo stadio (o almeno quello sembrava) si tramutava in pinna. Stava poco sopra ad un altro paese che sembrava una zeta un po' troppo alta.

---Intermezzo poetico---

«Or ecco,» dice Alberto di Giussano,
«Ecco, io non piango piú. Venne il dí nostro,
O milanesi, e vincere bisogna.
Ecco: io m'asciugo gli occhi, e a te guardando,
O bel sole di Dio, fo sacramento:
Diman la sera i nostri morti avranno
Una dolce novella in purgatorio:
E la rechi pur io!» Ma il popol dice:
«Fia meglio i messi imperïali.» Il sole
Ridea calando dietro il Resegone.
###Fine intermezzo poetico###

In un angolo sembravano pronte ad esplodere migliaia di luci... la pianura, così estesa e così caotica, veniva messa in secondo piano dalle montagne. Ne restava visibile solo un piccolo scorcio, che la rendeva addirittura affascinante. Il caos delle grandi città, il traffico e tutto il resto venivano quasi cancellati. 

Negli ultimi anni il paese pesce tuttavia stava mutando d'aspetto. Nuove case o industrie, chissà, stavano confondendo la sua immagine. Sono passati diversi anni dall'ultima volta che ho visto il pesce stare immobile nelle notti d'estate. Ogni tanto mi chiedo se sia ancora lì agonizzante o se sia ormai sparito.

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