sabato 24 dicembre 2011

Viale Ortles

Quando sono quasi le nove di sera le luci disponibili sono solo quelle elettriche, in questo periodo cariche delle intermittenze natalizie presenti a balconi, finestre e cancelli, mentre i fari si susseguono senza sosta in entrambe le direzioni. Parchi racchiusi da inferriate e cemento ci rammentano quanto è stato fatto per la nostra sicurezza: è per il nostro bene che dopo una certa ora nessuno può passare sotto gli alberi seminudi là dentro. Fuori donne semianziane con un taglio fresco festivo corrono a casa, signore similimpellicciate fanno gli ultimi acquisti per far la loro bella figura il giorno di massimo splendore del consumismo, signori incravattati di ritorno dalla loro noiosa giornata d'ufficio imprecano per una precedenza negata, prostitute multicolori instivalate ma infreddolite aspettano di iniziare il loro, di lavoro. Alcune ammiccano, non importa che tu sia pedone, ciclista, autista. Altre fumano, altre telefonano, altre ancora scambiano poche parole con la propria dirimpettaia, una guarda davanti a sé, nel nulla, forse interpretandolo come metafora del futuro. Quella dopo la rotonda s'accosta a una BMW. L'uomo all'interno è quasi più grigio della carrozzeria della sua auto, dalla giacca ai capelli. Sulle scale di un edificio pubblico ridono e scherzano sudamericani in gruppo, tra bottiglie vuote di Corona e cartoni pieni di pessimo vino rosso. Io passo accanto a tutto ciò e ripenso insistentemente a una panchina vuota e gelata che ho rivisto una manciata di minuti prima dopo tanti anni. Era un tempo in cui potevo tremare anche senza avere freddo. 

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