sabato 31 dicembre 2011

Siamo tutti chicchi di riso

L'altra sera mi sentivo particolarmente concentrato quindi ero pronto per passare la serata guardando film anche impegnativi. Così ne ho visto uno intriso di una problematica che effettivamente affonda le radici negli arbori della razza umana: il sessismo. Il film in questione era Mulan. Sì, lo so, è un cartone animato e non è neanche così impegnativo, volevo solo tirarmela un po', però il tema è quello lo stesso. Tra l'altro era uno dei pochi classici Disney che ancora non avevo visto (modestia a parte, so di essere un uomo di cultura). Un altro era Pocahontas che hanno trasmesso subito dopo quindi in una sola serata ho colmato due lacune. 
Va beh, comunque siamo qui per parlare della cinese e non dell'indiana. Che poi non si direbbe proprio che han fatto un film così per aprirsi un varco nel mercato asiatico. Calunnie! Anche perché sicuramente gli unni non hanno apprezzato e il mercato unno non è mai da sottovalutare. 
Ma passiamo al punto centrale: la trama. Il cartone si apre con una simpatica scena emblematica sulle capacità del soldato cinese medio dell'epoca: questa sentinella se la viaggia tranquillamente tra una torre di guardia e l'altra quando a un certo punto percepisce che qualcosa non va proprio come al solito... forse quei pignantamila unni che stanno scavallando la muraglia non dovrebbero essere lì? Forse. Comunque, nessun problema: basta accendere qualche fuocherello e il messaggio arriva diretto diretto alla città imperiale. Dove per prima cosa si decide di aumentare il numero di soldati, ovviamente. Cosa che farebbe felice qualsiasi generale, a parte Li (che guarda caso è proprio quello cinese in quel momento). Insomma, Li non vuole avere più uomini. Lasciamo i contadini nei campi e usiamo i soldati che abbiamo già. Aaah, ce ne fossero di Li al giorno d'oggi... ci vorrebbe proprio uno come lui ai vertici NATO. Però in barba alle sue dichiarazioni, viene stabilito che ogni famiglia debba mandare al macel... al fronte almeno un uomo. Compresa la famiglia Fa, che è quella di Mulan. In 'sta famiglia però c'è solo un elemento di sesso maschile ed è quello messo peggio di tutti, ossia il padre, uno zoppo che non riuscirebbe a stare in piedi nemmeno il tempo di una pisciata ma che per onore vuole andare in guerra. L'onore... del resto la famiglia Fa ne ha giusto perso un bel po' proprio a causa di Mulan, che non passa il provino per essere una moglie ideale (fondamentalmente, capace di versare il tè e starsene zitta). Questa ragazzina però è più sveglia del padre e capisce che quello non sarebbe capace di arrivare sano neanche al cancello di casa, quindi si taglia i capelli e parte a cavallo per andare al più vicino campo di addestramento. Cioè... si taglia i capelli perché così non capiscono che è una donna! Ma che, una donna coi capelli corti pare un uomo? A quanto pare, nella Cina dell'epoca sì. Eppure non assomiglia a Caster Semenya.
Siccome la famiglia Fa è devota agli avi (si sono fatti gli dei in casa per risparmiare), Mulan viene premiata dall'aiuto di Mushu, un drago che funzionerebbe male pure come accendino e che non sa distinguere un cavallo da una vacca. Una garanzia di successo. 
Bon, 'sta ragazza arriva all'accampamento, impara a scatarrare e a fare altre cose da uomini e nessuno si accorge che sotto sotto è donna. Così inizia l'addestramento, cosa non facile perché gli unni non solo sono cattivi di loro, ma hanno pure i cavalli che sono incazzati, per dire. Roba forte. Il generale Lì parte in avanscoperta con i soldati che sanno fare i soldati e lascia in mano al raccomandatissimo Shang (suo figlio) i novellini. Che sono degli imbranati cosmici. La fragilità di Mulan emerge molto presto (del resto è una donna...) e quindi viene scartata. Via, licenziata, puoi tornare a casa. No, lei viene scartata la sera e si mette d'impegno ma proprio tanto tanto tanto... e il mattino dopo è diventata il guerriero più forte della storia. E brava Mulan! A volte basta poco per ottenere ottimi risultati, altro che sputare sangue per anni. 
Le nuove leve sono pronte (beh, più o meno) per affrontare il nemico e quindi partono. Al momento della partenza io ho contato 18 soldati. Un campo d'addestramento per 18 soldati! Che devono affrontare un monte di nemici. Però loro sono contenti perché finalmente si fa sul serio, si va a morire per la patria... però arrivano al primo villaggio che oramai è tardi e tutti i soldati di professione sono stati ammazzati. Compreso Li, che quindi lasciano lì (scontata, ma si poteva non utilizzare?).
Questo gruppetto di disperati dunque è l'ultima speranza dell'impero... avanza avanza nella neve, chi ti va a incontrare se non un'orda di unni? Ma migliaia e migliaia... che non ci stanno neanche tutti insieme nello schermo. Ma nessun problema, c'è Mulan... che dopo aver scrutato attentamente una montagna che probabilmente non aveva mai visto prima, lancia l'ultimo razzo a disposizione del suo esercito scegliendo bene l'angolazione per creare una valanga che in un minuto travolge tutti i nemici e neanche uno dei suoi. Beh sì, il raccomandato viene travolto ma si salva proprio grazie all'eroina (intesa come persona). E brava Mulan, un'altra volta!
Solo che la ragazzina si fa ferire al ventre da Shan Yu, il cattivone unno, quindi quando devono medicarla riescono finalmente a realizzare che è una donna. "Che importa... ha sterminato da sola un'orda di barbari!" diranno i più ingenui. Eh no! Il regolamento parla chiaro, l'iscrizione è riservata ai soli uomini, disonore a lei che ha salvato l'impero da donna! Ma disonore forte... pena di morte! Solo che il raccomandato un po' di riconoscenza ce l'ha e quindi memore della vita salvatagli, decide di non decapitare la sciagurata. Che però viene abbandonata al suo destino, con il drago e il cavallo (ah, pure un grillo portafortuna che aveva già di suo).
Tutto ciò uno pensa possa succedere in svariati giorni... invece evidentemente tutto accade in poche ore, poiché poco tempo dopo, quando i residui dell'esercito cinese si sono incamminati in un ipocrita scoramento generale verso la città imperiale, dove andranno in realtà a prendersi i meriti del trionfo, sei (sì, 6!!) unni riemergono dalla neve. Imprecando, giustamente. Solo che così Mulan li sente e ingroppato il cavallo, balzellon balzelloni giunge alla città imperiale (che evidentemente era lì a due passi).
Per portare la cattiva novella.
-Shaaaaang! Comandante Shaaaaaaang! Gli unni!! Non sono morti tutti!
-Perché dovrei crederti? Sei una donna e mi avevi detto che eri un uomo. 
-Ma ti giuro che li ho visti... dai credimi!
-Mi hai già ingannato una volta, non ci ricasco.
-E dai, se ti dico che li ho visti credimi. Dai dai dai! Ci sono gli unni, è pericoloso... 'scolta me che fai una brutta figura se arrivano mentre ti stan premiando!
-No, non ti credo!
Ma comandante Shang... sei pirla o cosa? Se ti dice che li ha visti, è perché li ha visti! E siccome aveva ragione, a un certo punto i sei unni saltano fuori, rapiscono l'imperatore e si barricano nel suo palazzo. Con mezza popolazione cinese che non riesce a tirar giù un portone di legno. Dunque tocca ancora a Mulan inventarsi qualcosa: girl power e tre soldati diventano geishe, stordiscono le guardie e riescono in qualche modo a far sì che Shang raggiunga l'imperatore. Solo che quello è davvero pirla e da solo non ce la fa, dunque arriva la solita tipa che nel frattempo è diventata capace di far qualsiasi cosa e -boooom!- anche Shan Yu è sistemato (alla Disney non esistono prigionieri politici... se sei cattivo, muori). 
A 'sto punto che altro deve fare Mulan per ricevere un riconoscimento? Spazzarvi pure per terra? A quanto pare sì, perché il gran consigliere insiste sul fatto che ha infangato l'onore dell'esercito e della Cina tutta. L'imperatore, che pare l'unica persona dotata di buon senso, la pensa diversamente e la ringrazia. Ecco, lo fa lui e allora tuuuutti come un branco di pecoroni a inchinarsi a lei. Servi del padrone!
A Mulan viene offerto anche un posto in politica ma lei rifiuta, deve tornare a casa (a far che? A stirare le camicie di suo padre? Mah). Intanto l'imperatore consiglia al comandante Shang di rivedere un attimo la sua posizione... insomma, che ci provi con 'sta ragazza. Così quello ha anche la faccia tosta di andare da lei e lei lo invita pure a restare per cena. Spero per avvelenarlo. 

sabato 24 dicembre 2011

Viale Ortles

Quando sono quasi le nove di sera le luci disponibili sono solo quelle elettriche, in questo periodo cariche delle intermittenze natalizie presenti a balconi, finestre e cancelli, mentre i fari si susseguono senza sosta in entrambe le direzioni. Parchi racchiusi da inferriate e cemento ci rammentano quanto è stato fatto per la nostra sicurezza: è per il nostro bene che dopo una certa ora nessuno può passare sotto gli alberi seminudi là dentro. Fuori donne semianziane con un taglio fresco festivo corrono a casa, signore similimpellicciate fanno gli ultimi acquisti per far la loro bella figura il giorno di massimo splendore del consumismo, signori incravattati di ritorno dalla loro noiosa giornata d'ufficio imprecano per una precedenza negata, prostitute multicolori instivalate ma infreddolite aspettano di iniziare il loro, di lavoro. Alcune ammiccano, non importa che tu sia pedone, ciclista, autista. Altre fumano, altre telefonano, altre ancora scambiano poche parole con la propria dirimpettaia, una guarda davanti a sé, nel nulla, forse interpretandolo come metafora del futuro. Quella dopo la rotonda s'accosta a una BMW. L'uomo all'interno è quasi più grigio della carrozzeria della sua auto, dalla giacca ai capelli. Sulle scale di un edificio pubblico ridono e scherzano sudamericani in gruppo, tra bottiglie vuote di Corona e cartoni pieni di pessimo vino rosso. Io passo accanto a tutto ciò e ripenso insistentemente a una panchina vuota e gelata che ho rivisto una manciata di minuti prima dopo tanti anni. Era un tempo in cui potevo tremare anche senza avere freddo. 

lunedì 28 novembre 2011

Ilaria had very long fingers

Ogni tanto il mio viscerale ottimismo mi porta a scordare che viviamo in un mondo difìcile. Così come la mia disattenzione. Dunque pochi giorni fa mi bullavo del fatto che non c'erano problemi con il template di Splinder neanche qui, invece poi ho scoperto che non funzionava né questa né quella né quell'altra cosa. Dunque ho dovuto fare qualche modifica, copia di qua, taglia di là, elimina questo che non so come aggiungerlo, fai sparire quest'altro che mi esce una scritta lunghissima e senza senso invece che un simpatico contavisite di Shinystat. Tra l'altro sono sparite le lucine degli ufo che facevano da sfondo alla pagina. Ora è tutto nero. Mah, si saranno fulminate.
C'era un tempo -che ormai sono passati quei 15 anni- in cui si vedevano in giro persone strane. C'era uno che aveva i capelli a tratti verdi e a tratti no e perdeva la macchina fotografica per colpa mia, poi c'era uno che stava a testa in giù sotto gli alberi, un'altra che sapeva giocare a tennis molto bene e mi chiedeva di fare una partita, ma io non ero capace. Vinceva lei in 15 minuti. Non sono capace neanche adesso di giocare a tennis. C'era uno che andava via tre settimane in vacanza e il secondo giorno prendeva il morbillo per due settimane, un'altra che scriveva il suo nome sulle sigarette e cantava pure canzoni volgari in genovese, poi quell'altro che arrivava lui e moriva qualcuno, come quando arriva la signora Fletcher di Cabot Cove. C'era per un attimo Sinead O'Connor fuori dalla finestra della sala, ma io non conosco le sue canzoni, era meglio se ci fosse stata Enya che le facevo du duuu duuuuu dududududu (Watermark) o magari Dolores O'Riordan (a lei avrei potuto dire This is not Hollywood ma probabilmente lo sapeva già). C'era addirittura una che io posso vantarmi che l'ho baciata e faceva l'attrice un po' famosa, ma dopo è diventata ancora più famosa ma non perché aveva baciato me e comunque adesso mi pare abbia le labbra meno screpolate di allora. C'era una che io non capivo niente di quello che diceva e un altro che parlava meglio. C'era uno che secondo me da piccolo l'han picchiato tanto (forse continuano a farlo anche adesso) e uno che se anche nelle foto si metteva tre metri dietro sembrava più grosso degli altri. Dal vivo non era così, ma in foto si allargava a dismisura. C'era una che si chiamava come una pianta carnivora che ho avuto e un'altra che si chiamava come diverse persone che conosco e che magari conoscete anche voi. Poi c'era una che si chiamava Ilaria. Oltre a questo c'è solo una cosa davvero importante che devo dire su di lei: Ilaria aveva delle dita veramente lunghe. 

giovedì 24 novembre 2011

Migrazioni

Un bel giorno uno entra in Splinder e si ritrova la notizia che il 31 gennaio là chiudono tutto. Così, come se nulla fosse. Manco in internet si è esenti dallo sfratto. Quindi m'è toccato cercare una nuova casa per 'sto blog, dopo una rapida ricerchina con gùgol ho scoperto che il passaggio che avrebbe richiesto meno sbattimenti era quello su iobloggo (che non avevo mai sentito nominare). In realtà avevo provato a spostare tutto su wordpress, ma era necessario un plugin che non ho capito dove andava installato e soprattutto non avevo voglia di pensarci troppo, quindi chi lascia la strada difficile per quella semplice fa meno fatica e va bene così. Che poi la cosa non è stata proprio sbattimento-esente perché la prima volta che ho provato a importare l'archivio mi ha copiato solo 9 post, poi per un po' non è riuscito a collegarsi a splinder (dove ci saranno migliaia di utenti nel panico che smanettano sul nulla per impallare ulteriormente una povera piattaforma agonizzante), poi a poco a poco si è deciso a copiare tutto quanto, anzi, pure qualcosa in più. Cioè, alla fine avevo più post qui che dall'altra parte. Ora anche, perché c'è questo che di là non ho scritto. Anche perché già che ero lì a fare 'sta cosa, ho detto e va beh, facciamo anche il reindirizzamento. Che lascia la libera iniziativa a chi visita il vecchio blog, che ora è costituito da una pagina bianca con un link a questa, così uno fa sempre in tempo a cambiare idea e non venire fin qui. Anche perché tanto il 75% dei visitatori è costituito da tossici che stanno cercando droga, quindi si risparmiano di leggere troppa roba inutilmente. 
Comunque il template e tutta quella roba lì è rimasta uguale, c'è quella roba che dice tagphotoalbum non supportato ma chi se ne fotte. 

giovedì 13 ottobre 2011

Su&giù

Qualche giorno fa mi sono ritrovato a salire delle scale. Non le solite di casa mia, che non è una cosa così strana, a me piace salirle (e scenderle) sempre anche se abito al sesto piano perché mi dà soddisfazione arrivare a casa e non avere il fiatone. Poi me ne vanto anche un po' se ce n'è occasione perché quando incontro dei condomini questo sforzo è motivo di grandi apprezzamenti: "oh ma ti tieni in allenamento" "eh tu che sei giovane" "bravo il moto abbinato a una corretta alimentazione ed a uno stile di vita morigerato è tutto per una salute perfetta". 
Dunque ero a salire delle scale diverse da quelle che portano a casa mia, ma tra le tante che già mi era capitato di salire (e anche scendere). Solo che nello specifico non pensavo che mi sarebbe ricapitato di salire (e anche scendere) di nuovo quelle scale. Perché ci sono scale che sai già che probabilmente non salirai (e neanche scenderai) più. Ad esempio quelle della casa dove stavo in Norvegia: l'han venduta e il nuovo proprietario pare non voglia più affittarcela, difficilmente mi ricapiterà di posare di nuovo il piede su quei gradini. Capita, fa parte della vita e lo dobbiamo accettare: ci sono scale che non solo non saliremo (e neanche scenderemo) più, ma neppure avremo modo di rivederle. Le scale di qualche giorno fa invece le ho riviste. E risalite. E ridiscese. Dopo quindici anni più o meno, credo. Quella era l'epoca in cui d'estate andavo di tanto in tanto a tirare i fili. Non contro ignari passanti per far loro dei simpatici scherzi, li tiravo nel senso elettricistico del termine. Non che facessi l'elettricista eh, quello era compito di mio papà. Io non capivo nulla di elettricismo ed impianti elettrici, sapevo vagamente che c'erano due o tre fili per volta da tirare e il mio compito finiva lì. "Tiraaaa!" e tiravo. "Bon è finito il filo" e smettevo di tirare. Un bel lavoro ignorante. Che comunque dà più soddisfazioni di quando devi spingere dentro i fili. Cioè, questione di gusti: a me piace di più tirarli che spingerli.
Ho smesso di tirare i fili nel 2003, l'ultima volta eravamo a casa di una che aveva messo il condizionatore e bisognava fare la messa in sicurezza del sistema. Ma se per le scale vale che si sa che forse non si rivedranno più, per il tirare i fili è diverso, può essere che ricapiti l'occasione. Infatti le scale che ho rivisto le ho riviste perché siamo andati a tirare ancora dei fili.
Che poi questa delle scale è la casa del tipo che aveva messo il condizionatore nella casa in cui ero andato a tirare i fili per l'ultima volta nel 2003. Ci sono più intrecci e coincidenze di quanto uno si possa figurare a questo mondo. 

mercoledì 28 settembre 2011

Dieciscatti

+Chiudi gli occhi. Riaprili. Cosa hai visto?
-Io che un tempo t'avevo dato un sogno da dipingere, ma tu non sai neanche disegnare e volevi incaricarti di dipingere i sogni degli altri. Non sapresti neanche fare un bozzetto dei tuoi, ti ci vorrebbe l'eternità. Per sempre per sempre... che neanche te lo puoi immaginare cosa voglia dire per sempre, come se potessi davvero far passare una notte semieterna di tre trilioni di generazioni ed essere ancora lì ad aspettare... quando non valeva davvero la pena di essere così pazienti. Se dici per sempre, mi stai mentendo. Piangi e vuoi che il mondo intero pianga con te... ma al mondo intero non gliene frega nulla della tua tristezza, neanche al mondo parziale. Forse a una, due o poche più persone. Di te e dei tuoi pianti, di te che non sapresti neanche disegnarla, una lacrima.

+Chiudi gli occhi. Riaprili. Cosa hai visto?
-La gente che parla del mare e lo descrive senza usare le parole opportune, vede le onde e pensa che sia tutto normale, che non ci sia niente sotto, non ci mette dentro la testa forse per la paura di affogare o per non vedere i mostri, che nessuno li vede mai. Il mare da sopra è come se fosse piatto non si sa nemmeno dove sta il fondale. Non si sa come quando tu vedi me e non sai cosa c'è dentro, come quando io vedo te e non so cosa c'è dentro. Ma io per un attimo l'ho saputo perché in quell'attimo c'ero dentro di te e ho messo la testa nel tuo mare, tu invece non l'hai saputo cosa c'è dentro, nell'attimo in cui c'eri dentro anche tu non hai capito, non hai fatto attenzione, non hai messo la testa nel mio mare, ma quando tu entri dentro di me devi sempre fare attenzione, non puoi improvvisare e potevi dire vaniglia, verde o anche un semplice bel suono e invece hai guardato solo le apparenze e m'hai detto "che bravo".

+Chiudi gli occhi. Riaprili. Cosa hai visto?
-L'inutilità dei nomi, perché Mathilda forse si chiamava in un altro modo ma non gliel'ho chiesto e mai glielo chiederò, sarà difficile incontrarsi un'altra volta ma rimarrà il cristallo di un ricordo che sarà per sempre bello, quando non ci si rivede una seconda volta non si rischia di fare una cattiva impressione dopo quella iniziale, neanche se stai parlando di una gatta.

+Chiudi gli occhi. Riaprili. Cosa hai visto?
-Ci sono lucertole, lucertole ovunque ma non le posso defenestrare, sono più grosse delle finestre, non riescono a passare. Se tolgo gli infissi potrebbero passarci a filo, appena appena. Ma perché la gente non vuole quattro, cinque, sei lucertole giganti in casa questo rimane un mistero. Che d'estate mangiano le zanzare e d'inverno se non c'è di meglio mangiano te.

+Chiudi gli occhi. Riaprili. Cosa hai visto?
-Ho visto te che te ne sei andata e stavolta non ritorni davvero, ma almeno vuoi chiuderle le porte quando te ne vai? No perché già lasci sempre accesa la luce, ma almeno le porte chiudile. O mi va bene anche il contrario se ti è più facile da ricordare: spegni la luce e lascia aperte le porte. Chiudi la luce e spegni le porte, se ti va. Ma la luce aperta e la porta accesa non si può fare, perché altrimenti vuol dire che ce l'hai proprio con me e non mi merito un'attenzione negativa, giuro che mi accontento di tutto quel che mi hai lasciato. Di tutti i lamponi che ho rivisto, e sono tanti, non ce n'è stato più nessuno che sapesse di elastico e non credo ne troverò altri facilmente. Mi manchi e mi manco anch'io quando non ascolto la tua voce.

+Chiudi gli occhi. Riaprili. Cosa hai visto?
-C'era una limaccia bianca il suo sangue era marrone strisciava poco convinta con un legno infilato quasi al centro del suo corpo. Perché la gente quando vuole è molto cattiva con la limaccia, ci puoi buttare su del sale per farla sciogliere, ma te lo immagini come può essere morire sottosale? Perché un uomo qualunque in croce fa notizia e passa alla storia come figlio di dio, mentre una limaccia impalata me la ricordavo solo io, col suo sangue marrone. Strisciava poco convinta, ma con un ramo infilato nella schiena io non saprei neanche fare quello.

+Chiudi gli occhi. Riaprili. Cosa hai visto?
-Uno che per qualche motivo si deve conoscere e allora ha in mente che bisogna fare domande, tipo "a casa tutto bene? com'è andata quest'estate? e ora quando riparti? tuo nonno come sta?". Ma io nonni non ne ho più
uno da tanto e uno da meno ma comunque abbastanza tempo e a te cosa importava di gente che non sai neppure come si chiamava? Che poi se ti chiedo qual è il mio nome non sai neppure la risposta, io non mi sono mai permesso di chiederti come stavano i tuoi morti, o come stavi tu quando avevi voglia di morire e i tuoi morti li invidiavi anche.

+Chiudi gli occhi. Riaprili. Cosa hai visto?
-Un tempo c'era una finestra, proprio lì davanti a me. Ci potevo vedere il vuoto, se stavo basso basso era solo cielo. Come si faceva un tempo a vivere così? Io vedevo il cielo e avevo tutto il tempo per pensare. Io mi permettevo il lusso di avere il tutto il tempo per pensare e non avere pensieri. Avevo una finestra e c'era pure la tenda, ma non serviva. Anche ora ho una finestra, che però mi sta di lato. Ha una tenda, serve. Serve perché il colore è cambiato, a me piace anche il viola ma non è spontaneo di notte.

+Chiudi gli occhi. Riaprili. Cosa hai visto?
-Quei libri che ti  parlano della Turchia che io non ho mai letto. E anche lei che mi parla della Turchia, quanto dev'essere bella Smirne. Io non lo so e non mi interessa saperlo, di mio a Smirne per il momento non ci vado e non vado neanche da lei, nè andremo un giorno insieme a Smirne. Non fa per me e non fa per lei con me, forse fa per lei con un altro o per lei anche da sola. Se vuole fuggire un'altra volta da me o da se stessa sa che può anche andare là. A me per fuggire da lei può bastare stare qua.

+Chiudi gli occhi. Riaprili. Cosa hai visto?
-Un'ape. O una vespa, non le so distinguere. Era grande, la più grossa che abbia mai visto. Non volava, camminava e basta. Sarà stata lunga circa cinque centimetri. Andava da una parte all'altra del muretto. Però non avevo gli occhi chiusi, avevo gli occhi aperti. L'ho vista davvero. Ogni tanto mi succede di vedere anche la realtà.
 

martedì 20 settembre 2011

Hey zuccherino!

Tempi bui questi tempi moderni. C'è crisi, l'economia va a rotoli, la gente si vuole male e va a finire che pure quando s'esce col sole d'improvviso piove. Questo però ci fa capire che potrebbe andare molto peggio all'uomo medio. Tipo che invece di essere un po' così, ricoperto di un tessuto piuttosto impermeabile, potrebbe essere addirittura idrosolubile. 
-Toh, inizia a piovere!
+Merda, non ho l'ombrel... aaaaah! 
E il cervello si fa liquefatto. 
-Oh, attento alla pozzanghera!
+Dov... aaaah!
Sciolto un alluce. Dev'essere un gran fastidio. 
-Avrei proprio voglia di un bel bicchiere d'acqua, ma poi mi si sfonda la gola e perdo la lingua. Va beh, starò qui all'ombra a morire di sete, va.
Questo non sarà il migliore tra i possibili mondi, ma probabilmente non è neanche il peggiore. 

giovedì 1 settembre 2011

Driiiiiin

Pare essere molto tardi, la sveglia suonerà presto e non ho così tanta voglia di pensare bene bene a quel che avevo in mente di scrivere. Però è anche l'ultima sera che sto a Stryn, da domani si finisce il lavoro e si torna ad essere dei disoccupati... valeva dunque la pena passare di qui e lasciare un segnetto immortale, anche se non c'entra nulla con i propositi che appunto avevo*. Sono diverse le cose che volevo scrivere in tutto questo tempo, poi uno si mette a fare l'uncinetto, a montare le mensole, a fare m'ama non m'ama e alla fine passano tutte le giornate a disposizione. Volevo scrivere un'autocelebrazione per i miei trent'anni, volevo scrivere di quelle porte che se la luce rimane accesa è meglio il buio, volevo scrivere delle zecche che in fondo sono obbligate ad appicicarcisi, volevo scrivere che bello che bello finalmente sono senza pensieri tristi, o più semplicemente senza pensieri, perché pensare fa male e allora chi ce lo fa fare. Poi le cose cambiano, arriva settembre, i pensieri ritornano, i trent'anni ormai sono compiuti da troppo tempo, solo la luce che rimane accesa dietro le porte continua a fare male e quindi può essere che la prossima volta si dica qualcosa di quello.

*=questo però va sicuramente sottolineato: il proposito principale del 2010, ossia compiere 30 anni, è stato raggiunto quasi senza problemi. Evvai!

martedì 2 agosto 2011

Eva

Stavo pensando ad Eva. Quella della bibbia, che sta con Adamo perché altrimenti deve darsi alla zoofilia. L'Eden... ha capito che forse forse è una fregatura. Che forse forse è anche comodo stare in giardino a mangiarsi le pesche seduti all'ombra degli oleandri, che se ci si accontenta si può anche vivere tranquilli nella gabbia dorata, ma che magari si può cercare di cambiare il mondo. Eva è la prima ribelle, la prima rivoluzionaria della storia, che vuole abbattare il sistema del dittatore che aveva testualmente detto: "Tu potrai mangiare di tutti gli alberi del giardino, ma dell'albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, quando tu ne mangiassi, certamente moriresti". In altre parole: libero di stare qui a coltivare le mie terre (ma qual è l'alternativa?), di mangiare quel che decido io, ma non osare informarti, vivi nell'ignoranza, non è affar tuo sapere ciò che è bene e ciò che è male, fatti gli affari tuoi. Non avvicinarti nemmeno al frutto intoccabile, lavora & consuma, accontentati di questo. Dio è il padrone e l'uomo una marionetta, incantato dal bel programmino di turno, dal potere illusorio: Adamo, puoi chiamare cane il cane e pinguno il pinguino! Non è meraviglioso? Accontentati!
Adamo è il primo infame della storia: la donna era lì solo per fargli un piacere e lui che fa? Scarica subito le colpe su di lei. "No guarda, non sono stato io con le mele... cioè sì ne ho assaggiata una, ma è stata lei a darmela, era già morsicata quindi il patto era già rotto, io l'ho seguita perché ormai il danno l'aveva già fatto!". Che anche Eva aveva incolpato il serpente, ma a ragione, visto che quello aveva detto che poi il proprietario non si sarebbe arrabbiato. Comunque Adamo... un po' infame, un po' baciapile, pecorone, schiavo servile. Se Eva non gli avesse offerto la mela, quello da solo non se la sarebbe manco presa. E pure il più fesso, perché è lui che si è fatto beccare. Che anche lì... uno ha finalmente accesso a un livello di conoscenza superiore e il suo primo problema diventa trovarsi una foglia per coprirsi la pannocchia. Che messaggio è... conoscenza=aver paura del proprio corpo? Cioè, quel che ci rende superiori agli animali è vergognarci di come siamo fatti, rendiamoci conto.
Dunque dopo aver valutato una serie di cose, colui che detiene il potere supremo pensa che Adamo si meriti pure di dominare su sua moglie, così servile ed innocuo com'è. 
Millenni di patriarcalismo solo perché Eva non s'è accontentata delle banane. Si fa fatica a crederlo. Ma si sa che la strada per la rivoluzione è sempre lastricata di effetti collaterali. 

venerdì 29 luglio 2011

Camilla

Camilla mi regalò dei fiori, un po' di tempo fa. Nel 2004. Arrivò al parco senza che la stessi aspettando e mi diede dei fiori. Su Camilla qualcuno potrebbe raccontare tantissime cose, ma non io, perché non la conosco molto bene. La vidi tre volte. La prima volta le dissi che mi piacevano i fiori, la seconda lei me li regalò, la terza ci salutammo e ci chiedemmo vicendevolmente come andava. Andava bene a tutti e due, ma siccome ci stavamo annoiando un po' mi diede un bacio. Eravamo a una festa tendenzialmente triste in casa di uno che a quel tempo frequentavo abbastanza ma di cui non ricordo il nome. Credo si chiamasse Anders. O in alternativa Matt, ma pure Nils non gli sarebbe stato male come nome. Potrebbe essere che si chiamasse Anders Nilsson. Nils Andersson quasi sicuramente no. Di lui ricordo però il volto. Ricordo anche quello di Camilla, era attorniato da treccine ma non saprei dire il colore che avevano all'epoca i suoi occhi. Quello non è un dettaglio a cui bado molto, non mi convince 'sta cosa di cui tanta gente pare essere certa, che gli occhi sono lo specchio dell'anima. A me non importa degli occhi. Ignoro il colore degli occhi di tanti miei amici. Ne ricordo di altre persone, tipo c'era una che quando stavo in quinta liceo era in prima e aveva delle iridi grigie decisamente belle. Però non so più come si chiama... quindi è più importante ricordarsi il nome di una persona o il colore dei suoi occhi? Forse nessuna delle due cose. Comunque, di Camilla non ricordo le iridi, ma mi sorrideva costantemente e aveva un piercing sul sopracciglio sinistro e per quello mi piaceva. Perché io sono incline a farmi piacere le ragazze che hanno un piercing sul sopracciglio. E se è il sinistro è ancora meglio. Ci sono ragazze che senza piercing sul sopracciglio (sinistro) non mi piacerebbero, o mi piacerebbero meno. Camilla l'ho sempre vista col piercing, ma mi spingo a dire che anche senza mi sarebbe potuta piacere. Aveva anche un piercing sulla lingua, un anellino al labbro inferiore e uno al naso (lato destro). E mi ricordo che trovavo belli i vestiti che portava, cosa strana perché apparteneva alla categoria delle ragazze svedesi e normalmente non è che loro abbiano un gusto che si abbina al mio per quanto riguarda il vestire. La prima volta che la vidi e la volta in cui mi regalò dei fiori aveva la stessa gonna lunga e larga. La volta dei fiori eravamo in un parco e c'era il sole, oltre che alberi cani amiche e lampioni. 

I fiori... nascono, sbocciano e crescono per poi appassire, sempre che nessuno li colga prima. I più sfortunati vengono falciati e buttati via da quelli che vogliono mantenere l'ordine dei giardini e dei parchi. Assassini. 
Altri va a finire che non tornano alla terra ma teniamo i loro scheletri in mostra in qualche vaso o nascosti in qualche libro. Io quelli che mi regalò Camilla li conservo dentro il dizionario di inglese.

sabato 25 giugno 2011

La disinformazione fa male

A volte uno è ripetitivo, si sa. Anche su argomenti che non sono proprio belli, ma certe cose fanno riflettere ma davvero tanto quindi mi sento di condividerle con chi legge queste paginétte. Dunque io ho 'sta cosa che in certe situazioni mi immedesimo molto negli animali e questo di per sé non è un problema e volendo neanche un vizio... insomma, è comunque più salutare che annusare il catrame o leccare i finestrini della metropolitana. Poi in realtà io mi ci metto tra quelli che aspirano volentieri solventi e vernici ma in fondo mi accontento anche del legno dell'IKEA (questo l'avevo anche già scritto) e non me la sento di accusarmi troppo duramente. E soprattutto sto andando fuori tema, perché non siamo qui a parlare di quanto è buono il Bostik che questo lo sanno già tutti.
Piuttosto si era qui per parlare di un problema che affligge talune coscienze tra cui la mia, ossia l'uccisione dei ragni. Che mi stanno sul caz e questa è notizia nota (ma evidentemente non troppo diffusa tra gli aracnidi stessi, già che continuano a presentarsi alla mia vista). Però insomma è anche brutto essere un ragno un po' grosso e disinformato che se la viaggia una mattina alle 7.01 su una parete di camera mia e non sa che quello che sta facendo è il suo ultimo viaggio (o penultimo, chi lo sa se anche i ragni si sono inventati un paradiso... o magari poi c'è chi si illude che ce ne sia uno per gli uomini e invece ce n'è uno solo per i ragni o in generale per gli animali. Che sarebbe anche giusto visto che a stronzaggine noi siamo molto più avanti di loro e comunque che caz avrà mai fatto di male ad esempio un'echidna per non poter godere quanto un cristiano della vita ultraterrena? Il messaggio che passa è che ciucciare formiche sia il crimine più grande che una creatura possa compiere. Oltre al non pregare. In verità io credo sia molto probabile che nel suo intimo l'echidna sia molto spirituale. Voglio dire, si mette sul prato a ciucciare formiche. Bello farlo una volta, due massimo... ma passare la vita così... devi avere delle grosse motivazioni interiori. Ma si sta divagando un'altra volta quindi chiudo la parentesi proprio qui accanto).
Ho un senso di colpa quando prendo a ciabattate i ragni. Davvero. Anche quando li gaso con il Raid. Si parla di quelli che "ah il napalm... è così che risolvi le questioni internazionali?" e poi sul tavolo delle trattative diplomatiche con un ragnetto che è nato e vissuto sempre qui -quindi sei tu che invadi il suo territorio- che ci metti? Un mare di piretrina. Che ho letto cosa succede al ragno: prima entra in uno stato di eccitazione da botta dura (quindi credo che a piccole dosi gli piaccia anche), poi è come se avesse bevuto una bottiglia di Bermùdez Selecto in dieci minuti, roba che a noi non riesce di coordinare due gambe pensa te quello che ne ha otto circa, dopo ancora viene quella fase tipo "vacca dovevo fermarmi a quindici shottini fa" e dunque subentra la paralisi che per quanto breve uno ci resta male e poi finalmente arriva il tristo mietitore a intrappolare la bestiolina dalla ragnatela della morte.
Ora a constatazione finale non vorrei dare come sempre la colpa alla società e a questo mondo malato, se però mi avessero dato l'appartamento in cui stavo l'anno scorso, queste tragedie non si sarebbero consumate

lunedì 30 maggio 2011

I ricci pagano 70000

Norvegia... terra di fiordi, di ghiacciai, di vodke dal prezzo inumano, di ragni che vivono negli scantinati e di ricci che zampettano allegri e ignari del pericolo la sera soprattutto. Ma tanti ricci... anche se mi sa che sono di più i ragni. Però siccome i ricci sono belli e i ragni no, mi concentro di più sulle attivitià dei primi (mentre i secondi li stermino coll'ausilio della chimica: lode alla permetrina, detta anche C21H20Cl2O3, veleno democratico che uccide indiscriminatamente qualsiasi insetto). Ma dunque, si diceva dei ricci... per tanto tanto tanto tempo ho pensato che avessero un modo di difendersi quantomeno bislacco. Difficile che sia possibile, ma nel caso... se non avete mai visto un riccio, egli si comporta così: vede il pericolo e si ferma, immobile (a parte quello dell'altra sera che è scappato). E allora prima mi sembrava che i ricci avessero un'ingenuità mortale, come se chiudersi per l'appunto a riccio potesse salvarli da un autotreno in transito su di loro o dalle smanie calcistiche di gente con una certa inclinazione al sadismo (e pure alla stronzaggine... non calciate i ricci!). O forse avevano sentito anche loro quella cosa che se ti ritrovi davanti un tirannosauro devi far finta di non essere vivo perché quello è un po' tordo e non si accorge (non mi ricordo se lo dicevano in Jurassic Park o nell'Era glaciale). Invece ieri m'è venuto 'sto dubbio, ossia che i ricci non è che si fermano così per autodifesa, ma solo perché sono pessimisti. E allora mentre zompettano allegri pensando a tutt'altro, d'improvviso si accorgono che tu sei lì a guardarli ed eccoli pronti a dire "ormai è finita, non c'è più nulla da fare, fai di me quel che vuoi ma fallo in fretta". Che insomma uno magari non se l'aspettava che ci potesse essere un lato tanto drammatico nello spirito di questi animali.

lunedì 2 maggio 2011

My time is gonna come

Qualche sera fa si parlava di un argomento troppo spesso sottovalutato dai media: la cattiveria di alcune principesse (o presunte tali) della Walt Disney. In particolar modo, pensavo al pessimo messaggio che dà un cartone animato come La Sirenetta. Dunque, riassumendo senza distorcere la realtà dei fatti, analizziamo la storia: Ariel è una creatura adolescente (quindi minorenne...), mezza pesce e mezza ragazza, che si innamora perdutamente del primo bell'uomo che vede galleggiare in mare (ci sta, è minorenne!). Il fato le permette anche di raccattare 'sto carciofo e riportarlo a riva ma non solo: ha anche l'occasione di sedurlo con la potenza della sua bellissima voce (manco fosse quella di Sharon den Adel, poi). Il bell'uomo è addirittura un principe e quando si ripiglia definitivamente dà un importante consiglio sul come scegliere la propria sposa: è bene ch'ella abbia una bella voce. Cosa che effettivamente ha un senso, perché almeno quando si litiga non si ode un gracidio ma un gradevole suono. Così Eric (il principe) decide di cercare questa ragazza di cui ricorda esclusivamente la voce. O lei o piuttosto rimane scapolo a vita (e lui una certa età la deve già avere, non dico sia vecchio ma insomma qualche annetto in più di Ariel ce l'ha sicuramente... facciamo stare al timone di un barcone un ragazzino?). Ariel dal canto suo non è la prima donna mutante che passa... eh no! Altri non è se non la figlia di Tritone, il re del mare! Che ovviamente trova indicibilmente cretina l'idea della figlia di innamorarsi di uno che manco ha le branchie. Ariel da brava sedicenne non vuol sentire ragioni e litiga di brutto col padre, così la perfida strega Ursula, che in realtà è semplicemente un polpo sui cui tentacoli è stata innestata una donna ormai non più nel fior degli anni, in qualche modo cerca di trar vantaggio dalla situazione. Ella le dice che la può trasformare in donna totale, di quelle che hanno due braccia ma anche due gambe nella parte inferiore del corpo. In cambio però qualcosa va dato... quindi si prende la voce bellisssssima della mezza pesciolina. Tutto questo così, senza mettere nulla nero su bianco?? Noooo. Ursula è in realtà onesta e quindi le fa siglare un regolarissimo contratto. Mantiene le promesse, insomma: tu Ariel diventi donna, io Ursula mi prendo la tua voce... ora vai a riva e se in tre giorni riesci a limonare col principe, tu sei libera, altrimenti diventi di mia proprietà. Tutto chiaro. Ariel da una parte ha già capito come va il mondo... bel fisico, caruccia... che ci vuole a convincere uno che manco la conosce a baciarla prima che passino 72 ore? Dall'altra però è una babba e pensa che la vita sia tutta facile e neanche le viene in mente che Ursula possa avere interesse a far sì che il bacio non ci sia. E quindi le si spezza anche il cuoricino quando il polpo si trasforma in avvenente ragazza che conquista il cuore del principe (la mutazione peraltro è un'operazione inutile, dato che a Eric importa esclusivamente la voce... foss'anche stata un facocero canterino, l'avrebbe sposata lo stesso). Il carciofo ci insegna a questo punto un'altra gran cosa: perché mettersi lì e frequentare una persona, col rischio di scoprirne i difetti, quando la si può sposare in due giorni? La bella voce ce l'ha, a sorpresa non è neanche un cesso quindi i requisiti minimi evidentemente li possiede. Anzi, anche qualcosa in più. Un principe con degli alti valori morali. Ma non ti viene il dubbio neanche per un attimo che se lei accetta di sposarti lo fa -ad andare bene- solo perché sei ricco? Proprio mentre si sta per celebrare il matrimonio (i servi ringraziano per aver avuto tutto il tempo necessario per organizzare a modo la cosa) un nugolo di gabbiani si riversa sulla coppia di sposi, perché questo matrimonio non s'ha da fare. Ma ormai il terzo giorno è terminato e quindi Ursula ha regolarmente vinto. Ariel diventa di sua proprietà e Tritone, che sarà anche il più potente essere del regno marino ma evidentemente non è italiano e non ci fa sopra una legge ad personam, non può che dar ragione alla strega e le propone di prender lui in cambio della libertà dell'amata (nonché sconsiderata) figliola. Ursula può diventare regina degli abissi... che avremmo fatto fossimo stati in lei? Quello che ha fatto lei: Tritone si ritrova trasformato in asparago di mare e lei diventa una potentissima regina. Eric, che ha le idee poco chiare, diventa antimonarchico e uccide la novella sovrana del mare squarciandole il ventre con la propria nave. Un atto vergognoso e crudele. Che viene festeggiato da tutte le creature marine. Tritone e gli altri asparagi marini si ritrasformano di nuovo in sireni, Ariel riacquista la propria voce, Eric si innamora di lei. Ma siccome lui non può vivere in fondo al mar e l'idea di farsi una casa su uno scoglio non piace, ecco che Tritone deve trasformare la figlia in donna totale. Cosa che secondo me non lo turba più di tanto... una cretina in meno da gestire. E come epilogo ecco un bel matrimonio, in barba alle regole vigenti in tutti gli stati più avanzati questa quindicenne può già dire di sì sull'altare e concedersi al principe pedofilo. Che si innamora prdutamente di due persone nel giro di poche ore. Un gran bel finale.
Morale: io la butto lì... forse il contratto di Ursula non valeva perché Ariel avrebbe dovuto farlo firmare da un genitore.
Su questo però non sono sicuro, forse è una conclusione un po' affrettata. Magari ci penserò nelle prossime ore, visto che ne avrò molte libere all'aeroporto di Oslo. Sì, tutto questo per dire che sono pronto per tornarmene in Norvegia. 

lunedì 25 aprile 2011

25 aprile 2011

Lo avrai
camerata 
Kesselring
il monumento che pretendi da noi italiani
ma con che pietra si costruirà
a deciderlo tocca a noi.
Non coi sassi affumicati
dei borghi inermi straziati dal tuo sterminio
non colla terra dei cimiteri
dove i nostri compagni giovinetti
riposano in serenità
non colla neve inviolata delle montagne
che per due inverni ti sfidarono
non colla primavera di queste valli
che ti videro fuggire.
Ma soltanto col silenzio dei torturati
Più duro d’ogni macigno
soltanto con la roccia di questo patto
giurato fra uomini liberi
che volontari si adunarono
per dignità e non per odio
decisi a riscattare
la vergogna e il terrore del mondo.
Su queste strade se vorrai tornare
ai nostri posti ci ritroverai
morti e vivi collo stesso impegno
popolo serrato intorno al monumento
che si chiama
ora e sempre

RESISTENZA

mercoledì 13 aprile 2011

5, 4, 3, 1, blastoff!

Come si va spesso si torna e io -che un po' sono abitudinario- sono tornato. L'altro giorno, di domenica. Così, per non fare che una settimana mi cominciasse da una parte e finisse da un'altra. Quindi basta Berlino, basta tedesco, basta tedeschi. Si torna a casa e ci si resta. Per poco eh. Anzi, forse per molto poco, ancora non lo so. La prossima meta naturalmente è la Norvegia (forse sono troppo abitudinario?), la partenza sarà a maggio, resta da stabilire se all'inizio o alla fine. Ma c'è tempo...
---Inizio intermezzo vantaggioso---

Cinque cose per cui vale la pena stare a casa piuttosto che a Berlino

1- si ha la propria gatta
2- si ha un letto (ok, anche a Berlino ce ne sono, volendo)
3- su youtube si vedono molti più video
4- guardando i Simpson, Marge parla come una persona normale e non come un'ubriacona
5- non s'ha da pagare l'affitto

###Fine intermezzo vantaggioso###
Tra le varie tragedie che solitamente angustiano le partenze, per quanto riguarda la specificità berlinese mi colpì l'otite emorragica, che mi costrinse dunque a fare il viaggio in autobus con i disguidi che raccontai due post precedenti a questo (sì, in Germania non ho scritto praticamente nulla a parte che dei criceti. Avevo di meglio da fare). Proprio fresca di giornata, la notizia del rimborso totale del suddetto viaggio. Per un po' in realtà mi ero proprio dimenticato che da bravo spaccamaroni era mio dovere lametarmi oltremodo per l'ingiustizia subìta, quindi l'email per il rimborso la inviai tipo un mese dopo il viaggio. Pensando di fare la mia bella figura e di ricevere una risposta tipo "oh ciccio, guarda che sono scaduti i termini!". Invece i termini non erano scaduti ma chi mi rispose pensava mi stessi prendendo giuoco di lui, non sapendo dell'inconveniente. Quando gli riscrissi per spiegare per benino l'accaduto (ma non troppo per benino, perché altrimenti sarebbe uscita un'email troppo lunga e Benedetta dice che le email lunghe la gente dell'ufficio reclami non ha voglia di leggerle) risultai più convincente e ricevetti una proposta di rimborso parziale che a me andava pure bene perché insomma a Berlino c'ero anche arrivato e con solo due ore di ritardo non è che si dovevano disturbare. Invece poi settimana scorsa mi scrissero che per alleviare il mio dispiacere* mi avrebbero restituito il 100%. Gentili. Così stamattina sono andato a ritirare l'assegno. Quindi il viaggio mi era costato 55 euro d'aereo, 95 di autobus, 5 di prevendita, 18.5 di treno per Verona. Ora i 95 di autobus mi sono tornati in tasca, quindi è un po' come se avessi volato mettendoci però venti ore. 
 
---Inizio finale dizionariesco---

I cinque termini tedeschi più utilizzati in questi due mesi:

1- selbverständlich
2- vielleicht
3- natürlich
4- die Katze
5- warum?

###Fine finale dizionariesco###

 
*Davvero, mi hanno scritto così: "Le abbiamo rimborsato eccezionalmente il biglietto per intero sperando di poter alleviare il suo dispiacere per i disagi da lei riscontrati". Non pensavo di essere tanto bravo nel suscitare pena & compassione con due semplici email. Però la loro speranza non è stata vana: il mio dispiacere ora è molto più diluito. 

venerdì 25 marzo 2011

L'illusione del criceto

Mi trovavo in un negozio di animali e stavo facendo alcune delle mie riflessioni sul loro mondo, di quelle che mi piacciono tanto. Tipo cosa sognano i criceti e cose del genere, per avere un inizio soft, anche se non è che la sfera dell'inconscio sia uno scherzo. Però, un criceto cosa potrebbe sognare? Quello che stava là sicuramente qualcosa di bello perché era visibilmente rilassato. Quello accanto a lui invece stava cercando una via di fuga, solo che in una gabbia con pareti di vetro il criceto si trova a disagio e fallisce subito la missione. Chissà se poi si trova più a disagio in una gabbia di metallo... nel senso che magari pensando di riuscire a scappare, quando poi si accorge che invece non può magari ci rimane anche più male. C'era pure una sorta di lucertola che stava cercando di capire come fare per scappare. E anche un serpente, mi sembrava. Perché può essere che lui stava solo provando piacere a strisciare intorno alla serratura della porticina. I ragni invece non lo so.
I ragni. Io ho molta paura dei ragni, un tempo no, tipo quando ero bambino di quelli piccoli piccoli mi ricordo che non mi davano noia. Poi quando sono diventato bambino di quelli un po' più grossi dev'essere successo qualcosa che ho rimosso. E ho iniziato a temere i ragni ma proprio che non è roba da "bleah un ragno che schifffff", no, è più roba da "aaaaaaaaaaaargh un ragnaiutoaiutoaiutoooooooo" e poi -se esiste la possibilità- scappare. Diceva Sofia (che non sto qui adesso a raccontarvi per benino chi è perché poi vado fuori tema) che lei aveva il terrore delle rane. Ma non è la stessa cosa... le rane si evitano più facilmente dei ragni. A meno che non si abbia uno stagno in giardino e allora sì ci sono grossi problemi. Ma tendenzialmente non è che uno va a farsi la doccia e si trova una rana che lo guarda dal soffitto. Mi pare molto più possibile che succeda con un ragno.
Comunque, mentre guardavo altri roditori che erano tipo i criceti ma con la coda (o se volete erano tipo topi ma con il pelo lungo), pensavo che tutti questi animali meritano in qualche modo rispetto, anche i ragni. Non è bello se io passo davanti a tutte le vetrinette facendo degli ooooh di stupore (a livello teorico, non pratico) e di meraviglia e degli aaaaah di panico (a livello teorico e magari anche pratico) quando vedo i ragni. Allora ci ho provato a passare davanti ai ragni con indifferenza, tanto stavano accanto alle rane e ai serpenti. Però niente... appena ho visto che da dietro la ciotola spuntavano due zampe oltremodo grandi per appartenere a un qualsiasi aracnide che non mi faccia paura (va beh, non avrebbero dovuto superare i due millimetri...), m'è presa l'ansia e ho guardato da un'altra parte. Questo per dire che i ragni non se la devono prendere sul personale se incrociando la loro vita con la mia si ritrovano spiaccicati sotto un libro o una ciabatta. So bene che nessuno lo penserebbe mai, ma ho anche io i miei problemi.

lunedì 14 febbraio 2011

Waka waka (this time for Germany)

Si sta quasi per concludere la mia prima settimana berlinese. Già, non ho più scritto niente ma sono arrivato, non senza complicazioni...
Il viaggio è durato più del previsto e quasi quasi ha rischiato di saltare, non a causa mia ma a causa di un autobus perso non si sa dove. Dunque, così si sarebbe dovuto procedere: ore 15.05, partenza dallo spiazzo antistante la stazione di Milano Rogoredo, soste a Bergamo e a Brescia prima di arrivare a Verona e cambiare vettore, con soste a Trento, Bolzano, Monaco, Norimberga e arrivo a Berlino verso le 7.30. Questo sulla carta. Nella realtà le cose non han funzionato proprio bene bene... l'arrivo mio a Rogoredo è stato piuttosto puntuale, alle 14.50 già stavo lì (e ci sarei arrivato pure prima se non avessi perso il biglietto per il viaggio... pezzo di carta di non trascurabile importanza che era finito non si sa come esattamente sul fondo della valigia), alle 15 si è presentato un pullman della Eurolines che però non era il mio, in quanto se ne andava verso Firenze. Ok, doveva essere lì alle 14.50 quindi perché aspettarsi che il mio fosse in anticipo? Quindi ricominciava l'attesa. Nel frattempo, giusto per essere sicuro di trovarmi nel posto giusto (il piazzale antistante la stazione è solo quello, ma non si sa mai), mi preoccupavo di chiedere a un signore bagagliodotato se stesse aspettando pure lui il bus per Verona. Sì. Bene.
Il minutaggio del ritardo, al contrario della mia pazienza, aumentava e dell'autobus nessuna traccia. In compenso arrivavano due giovani figuri che chiedevano informazioni su un mezzo che sarebbe dovuto andare a Verona. Ok, adesso eravamo in quattro. Non pretendevamo di cambiare il mondo, ma che arrivasse il pullman sì. Il sole stava alto in cielo ma ciononostante un'ombra calava sul mio volto... 15.40, forse era il caso di cercare di contattare qualcuno dell'agenzia. Così ho chiamato un numero trovato per caso e dopo aver parlato un paio di minuti col Walter, sono stato messo in attesa. Tsamina mina eh eh waka waka eh eh tsamina mina zangalewa this time for Africa... una, due, tre, quattro volte. Forse era un pregiudizio infondato... ma sentire Waka waka come musica d'attesa faceva scemare la mia idea di serietà di quell'agenzia. Comunque il gentil Walter dopo non proprio pochi minuti mi diceva di riagganciare che si sarebbe fatto sentire lui. Va bene... ma magari in tempi stretti eh, che Milano-Verona non è la tratta più lunga del mondo ma non la si fa neanche in dieci minuti. Alla fine insomma di 'sto vettore da Milano non se ne sapeva più nulla, forse inabissato nel naviglio pavese, forse in un semplice fosso. Comunque s'aveva da prendere il treno. Fatto. O almeno, fatto io e i due giovani figuri di prima: due brasiliani in vacanza. L'omino tedesco da quel momento sarebbe svanito nel nulla. E chi se ne frega, anche. Comunque fine della parte drammatica del viaggio: unica cosa c'era anche un morto a Desenzano quindi col treno si è arrivati in ritardo ma non di tanto e alle 19.15 si è partiti da Verona. Poi beh un pullman che fa Napoli-nord della Polonia non si può pretendere che arrivi a destinazione puntualissimo, quindi a Berlino ci sono arrivato con un paio d'ore di ritardo e ho perso metà della prima lezione. Ma siccome si partiva da zero, non mi sono perso nulla di irrecuperabile.
Il corso sta andando bene, anche se non riesco a farmi una ragione sul perché il maschile all'accusativo cambi forma e il neutro no, in generale non ho mai capito perché le lingue tendano ad evolversi complicando le cose ma mi adeguo, del resto ognuno di noi tende a complicarsi la vita prima o poi quindi la complicanza deve essere insita nei geni umani.
Poi oooooooh non ho più l'otite! O almeno così mi ha detto l'otorina che mi ha visitato descrivendomi ogni cosa che stava facendo e anche dei frangenti della sua vita (mi spiace che non sia riuscita a studiare con profitto francese, ad esempio). Questo significa che ora posso anche darmi liberamente all'alcol ma ormai sono diventato schiavo del latte alla vaniglia e non so se riuscirò a perdere questo vizio.
Ultima cosa: la casa. Sì, ho un tetto sopra la testa. Al momento non che faccia molta differenza tra lo stare per strada visto che tempo 24 ore che ero qui si è rotta la caldaia, ma si sta bene. Ho un mazzo di chiavi mio, oggi è tornata anche l'acqua calda, ho una lavatrice in casa e c'è pure una gatta nera che ogni tanto passa a fuseggiare. Tutto a posto.